
Elementi costitutivi della scultura sono í materiali, la luce e lo spazio, inteso sia come volume sia come volume sia come contenitore. Ne consegue che la collocazione di un’opera è spesso parte integrante dell’opera stessa e, del resto, in ogni tempo gli artisti hanno creato delle sculture specifiche al luogo.
Oggi si insiste tanto su una scultura come istallazione quando su una funzionalizzazione dell’opera plastica che si cerca di nuovo di integrare all’ambiente urbano e architettonico. Da qui l’esigenza avvertita da molti scultori, di fare grande e non per una mera tentazione di gigantismo bensì per meglio colloquiare con gli spazi aperti.
Si tratta tuttavia di un colloquio pericoloso dal momento che una errata presentazione dell’opera plastica può mortificarne i volumi, così come la luce può, di volta in volta, appiattirne o falsarne le superfici, ma anche colloquio veridico e decisivo dato che proprio, questo confronto dialettico rivela ed accentua le qualità strutturali e plastiche di una scultura.
Lo spazio altamente suggestivo e così ricco di richiami storici del complesso monumentale di Montecchio Vesponi, dove Alessandra Porfidia ha ambientato le proprie sculture, può essere dunque un test importante per la giovane artista la cui ricerca sin dai precoci inizi, è stata caratterizzata da un fermo controllo progettuale e da una rinnovata attenzione semantica ed evocativa.
La Porfidia ha acquistato un proprio linguaggio nello studio di pochi ideali maestri, primi fra tutti Moore e Matisse. Le sue sculture recenti in travertino e acciaio, hanno una partenza grafica e del segno deciso e sinuoso mantengono il ritmo spaziale e il nitore dei profili. Ma vi è anche, non meno determinante, un referente con la pittura à plat. Più che come forme e volumi queste opere si configurano infatti come immagini che danno luogo a composizioni tridimensionali articolate in situazioni di grande suggestione lirica, dove continuo è l’interscambio sia tra realtà e astrazione, sia tra uomo e natura.
Lorenza Trucchi